Feglino:
un tranquillo paesino, sottoposto ad un martellamento d’artiglieria, alla domenica, con la popolazione raccolta in chiesa…
di Pino Testa

Il “bombardamento” di Feglino - Cronaca parrocchiale - Dall’anno 1943: periodo bellico
Dal diario di don Eusebio Pamparino, in Archivio Diocesano di Savona
“Il 18 marzo 1945, domenica di passione, mentre iniziavo la Messa (ore 10,20), iniziò il cannoneggiamento su Feglino … “
Di seguito alcune Memorie estratte dal diario personale di un prete durante la Guerra. Eusebio Pamparino (nato a Perti nel 1918) giovane parroco, si trova a svolgere il suo mandato a Feglino dove si deve confrontare con le violenze, le sofferenze e la morte: egli stesso, inviso ai fascisti, viene schedato e minacciato più volte di finire fucilato.
Fino al 1943 la vita a Feglino è relativamente tranquilla, la campagna fornisce agli abitanti quello che manca o scarseggia a causa dei razionamenti, il piccolo Comune lontano dagli scenari bellici, è esente da bombardamenti o azioni militari; l’unico prezzo finora pagato è stato “consegnare” all’esercito un’intera generazione, i suoi figli più giovani e forti. La situazione precipita dopo l’armistizio dell’8 settembre, quando la guerra diventa civile, anzi fratricida. Anche il piccolo paese diviene territorio conteso tra partigiani e camicie nere: queste ultime, appoggiate dall’esercito Tedesco, iniziano a controllare in modo incalzante la zona con incursioni, posti di blocco e rastrellamenti, attuando rappresaglie, violenze e torture tanto che Feglino comincia a registrare le prime vittime. Molti fatti legati a questo periodo sono stati nel tempo chiariti e se ne conoscono tutti i dettagli, ma un episodio in particolare presenta ancora contorni indefiniti e pone molti dubbi e domande: è la vicenda poco conosciuta del bombardamento di Feglino, che don Pamparino riporta nel suo diario manoscritto. Questo attacco viene effettuato con mortai, posizionati sulle alture di Calice (in altra intervista, rilasciata ai giovani seminaristi, l’ormai vecchio parroco parla invece di una batteria di cannoni da 75 mm.): non si è trattato di pochi colpi, ma di un vero e proprio martellamento delle artiglierie. Si volevano radere al suolo le case, oppure colpire a caso? Si voleva centrare la chiesa, proprio in quel momento, piena di gente spaventata? Quale era la vera intenzione dei fascisti? Spaventare i paesani con un avvertimento e un numero limitato di danni e vittime, o abbiamo rischiato la strage come è avvenuto a Sant’Anna di Stazzema e Boves, episodi tristemente famosi? La spregevole azione è stata ad un certo punto interrotta, ma non si hanno chiare informazioni per definire le dinamiche dei fatti. In quella triste domenica, a terra rimane una donna morta ed un giovane ferito, numerosi danni e tanta paura. Non servirà comunque a nulla … , il 25 aprile è alle porte.
(Memorie raccolte da don Farris e pubblicate da A. Martino - Memorie dei parroci della diocesi di Savona - Noli della Seconda guerra mondiale (1940-1945)
Ma leggiamo un brano delle sue “Memorie”
La seconda guerra mondiale, che ha portato lutti e distruzioni nella nostra cara Italia, ha lasciato i suoi tristi ricordi anche nel nostro tranquillo paese. Feglino ha vissuto il primo periodo bellico sino al 1943 nella massima tranquillità e senza eccessivi sacrifici. La terra coltivata con maggior impegno nonostante i razionamenti e gli ammassi, aveva assicurato alla maggior parte delle famiglie di Feglino il necessario. Il paese situato fuori dai centri urbani e dalle importanti vie di comunicazione non aveva subìto alcun bombardamento od azione bellica. La popolazione in tale periodo aumentò sensibilmente per i molti sfollati, che arrivavano ogni giorno dalle città rivierasche.
L’8 settembre 1943 dopo inutili stragi l’Italia credette saggia cosa firmare l’armistizio con le nazioni belligeranti: Stati Uniti, Inghilterra, Russia per porre termine ad una sanguinosa e impari lotta voluta dalla dittatura nazifascista. Purtroppo giorni ben più tristi e dolorosi avrebbero messo a dura prova il popolo italiano prima di acquistare la vera libertà ed indipendenza. L’Italia fu divisa in due blocchi e tutto il suo territorio dalle grandi città ai piccoli paesi di montagna divennero un campo di battaglia. Il fascismo risorto con l’aiuto dell’armata tedesca operante in Italia divenne in tale periodo sinonimo di odio, di distruzione, di torture e di morte. L’Italia settentrionale in modo particolare pagò il suo tributo di sangue pianse i suoi figli migliori, che morirono nei campi di eliminazione in Germania o davanti ai plotoni di esecuzione. Questo clima spaventoso del 1943 invase anche il nostro tranquillo paese, che divenne un punto nevralgico nella sanguinosa lotta tra italiani desiderosi della libertà ed italiani succubi dei tedeschi e del fascismo. Sulle montagne e nei piccoli centri dell’entroterra ben presto vennero a formarsi i primi gruppi di partigiani, che operavano contro le truppe nazifasciste. Feglino venne quindi a trovarsi nella zona di influenza partigiana e divenne in poche parole il quartier generale delle formazioni partigiane dell’entroterra finalese. Infatti in tale periodo nessun reparto nazifascista risiedette in Feglino, considerata zona pericolosa e non sicura. La popolazione subì però numerosi rastrellamenti da parte delle truppe tedesche e di quelle italiane della San Marco, che provenivano da Finale e da Calice Ligure. Ruberie, sequestri di persona, minacce e violenze rendevano sempre più difficile la vita della popolazione locale. E’ necessario però tener presente che errori e colpe vi furono nei due campi avversi. Riportiamo alcuni fatti avvenuti, che devono però essere visti nel clima di terrore e di timore di tradimento che allora imperava nelle due parti opposte. Il 1944 fu veramente un anno triste e doloroso per Feglino. Il 6 luglio venne arrestato da un gruppo di partigiani il sig. Pepe Carlito di anni 32, che fu poi barbaramente ucciso il 7 luglio in località “Ricovero”. Il suo torto fu di essere fascista e di aver pubblicamente vantato sempre la sua idea. La salma del Pepe fu consegnata alla famiglia e venne poi sepolta nel cimitero il 26 luglio dello stesso anno. Nell’ottobre del 1944 moriva nella casa paterna il giovane Durante Carlo di anni 19, partigiano che era stato ferito gravemente in uno scontro armato. In quel giorno le truppe fasciste della S. Marco requisivano tutte le case del paese alla ricerca del povero suddetto giovane. Egli moriva assistito solo dalla madre in una camera, la cui porta era stata occultata da un armadio. Il 16 novembre 1944 fu una giornata veramente triste e sanguinosa per la formazione partigiana, che operava nelle montagne che sovrastano Feglino. In uno scontro tra soldati della S. Marco e i partigiani morirono eroicamente 7 giovani della formazione partigiana. Essi sono: Albertin Giovanni di anni 20 di Rosolina (Rovigo), Alfio Pietro di Canareggio (Venezia), Cupidi Antonio di Riccione, Magnoni Primo di Bologna, Ivano Piotti di anni 20 di Saregno (Bologna), Bruzzone Mario di Finale, e Quartino Mario di Finale Marina. Le salme dei suddetti patrioti raccolte in località “Frascie”, dove avvenne il combattimento, furono inumate nel cimitero di Feglino. E’ pure da ricordare un doloroso fatto, che avvenne il 18 marzo 1944, festa di N.S. della Misericordia, che in quell’anno capitava nella Domenica di Passione. Nella mattinata di quella domenica improvvisamente il paese veniva bombardato per rappresaglia con mortai dalle truppe fasciste della S. Marco. Parte della popolazione era in quell’ora raccolta in chiesa per la S. Messa. Un colpo di mortaio cadde nella via S. Rocco e colpì in pieno la sig.na Razini Iole residente a Finale Ligure, ed il ragazzo Sciutto Ilario di Feglino. La giovane colpita alla testa morì sul colpo ed il ragazzo fu ferito gravemente. Il barbaro bombardamento era stato ordinato dal Comando Superiore della S. Marco, che voleva punire la popolazione accusata di aiutare e sostenere le formazioni dei patrioti. Infatti l’allora Vicario sostituto sac. Pamparino Eusebio, il Commissario Prefettizio del Comune, sig. Bonora Antonio ed altri erano stati a suo tempo convocati ad Altare dal Generale Farina, Comandante della S. Marco, che aveva rivolto loro parole di minaccia e di rappresaglie. E’ facile capire in quale stato d’animo vivesse allora la popolazione che aveva paura di tutto e di tutti. In uno scontro tra i partigiani e i tedeschi venne in parte demolita la cappella di S. Giacomo in regione “S. Giacomo”, che fu ricostruita dopo la guerra. L’11 febbraio 1945 fu ucciso nella casa Oliveri posta in via Aquila il Sig. Suetta Giacomo di anni 42 residente a Finalmarina. Il Suetta, uomo apparentemente molto religioso ma piuttosto strano e non a posto con il suo cervello, aveva teso un tranello a la capo della formazione partigiana, chiamato il “Tigre”, con lo scopo di ucciderlo per incassare la taglia di un milione posta dalla Divisione S. Marco.
Egli invitò ad una cena nella casa dei suoi parenti, ignari delle sue intenzioni, il “Tigre”, che nulla sospettando vi si recò solo senza scorta. Al termine della cena il Suetta invitò il “Tigre” a scendere nella cantina della casa. Mentre il “Tigre” stava bevendo, il Suetta gli vibrò sul capo una forte martellata. Il capo partigiano cadde a terra, ma data la sua forte fibra riuscì ad estrarre la pistola e ad uccidere il Suetta. In seguito a questo triste fatto i partigiani arrestarono un complice del Suetta che venne poi ucciso in montagna. La famiglia Oliveri di Feglino legata in parentela al Suetta, fu risparmiata, perché riuscì a dimostrare la sua buona fede. Il cadavere del Suetta fu provvisoriamente sepolto nel cimitero di Feglino e poi venne traslato a Finalmarina.

 


 


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