Sulle tracce di Erik il Rosso - All'origine della vita

Testo e fotografie di Filippo Furia
Appunti di viaggio - la "guesthouse"- sesta puntata

Attracco al molo e scarico bagagli con l‘ormai sperimentato sistema della catena, con Tobias ancora protagonista e grande interprete della mano morta, qui addirittura solleva in piena trance “erotica” l’incredula Caterina, che rimane sbigottita e lancia un urletto per la sorpresa, lui, macho, se la mette in spalla e la trascina fin sul terrapieno. Davanti a noi, che novità, una bella salita, di quelle tese, e ovviamente la guesthouse è dall’altra parte del paese, con i nostri bagagli da sfollati di guerra non è proprio il massimo, tant’è che decidiamo di lasciare lì sul molo le attrezzature del campo, almeno quelle più pesanti. Con passo lento, trascinandoci dietro le sacche, arriviamo su in cima e, pensate, a sbottare è Luciana con un “e queste le chiamano vacanze?”, poi girandosi vede il panorama davanti a noi, un universo magico, e aggiunge quasi a rispondersi “ebbene si, queste sono vacanze!”. Raggiungiamo la nostra dimora e prendiamo possesso della stanza a 4 letti, in verità non facciamo fatica perché si tratta di un quadrato forse 3x3 con due letti a castello, in compenso le docce sono pulite, sono le docce pubbliche del villaggio, e in un altro locale si affollano le brave massaie inuit a fare il bucato in grosse lavatrici, poi ancora un grande locale con cucina e un grande oggetto inutile, un frigorifero.. E’ qui che consumiamo il nostro lunch box con i piedi sotto il tavolo, un grande tavolo ovale, seduti su sedie con spalliera (che goduria rispetto ai pur razionali sgabellini della Quechua), poi, dopo lo spuntino, in passeggiata per il villaggio verso…la civiltà dei consumi, andiamo al Pilersuisoq a comprare un po' di birra e un dolce per domani, c’è da festeggiare la “bimba” del gruppo, Caterina compie un anno…dopo altri, certo, ma non siate indiscreti. Al supermarket una scena indimenticabile, degna quasi di Zelig, ascoltate: in perfetto inglese Sergio chiede, accompagnandosi anche con un pizzico di gestualità napoletana, all’inuit e a sua moglie, gestori dello store, se hanno delle candeline per torte, la fissità dei loro sguardi e le loro facce sarebbero da immortalare; allora Sergio rilancia, con un giro di parole, partendo forse dalla nascita, ripropone la domanda accentuando la gestualità, ma i groenlandesi restano più freddi di un iceberg e si guardano intimiditi o timorosi tra di loro, temendo forse un assalto malavitoso o un pazzo arrivato a Tinitequillaq, da chissà dove. Sergio non demorde e incalza, quando, con un colpo di vero genio, il frutto di tante ore di conversazione con la Nielsen (la sua teacher) diventa maturo, Sergio intona Happy birthday…e il groenlandese a questo punto schizza e torna con le candeline…quando la classe non è acqua!!!! A me però frulla un pensiero nella testa, vuoi vedere che avesse ragione il nostro amico Giona, quando in Libia, con Sergio alla ricerca di miele locale, disse…….! Approfittiamo, visto che siamo nel cuore pulsante della city, per andare anche all’Ufficio Postale, qualcuno vuole telefonare in Italia per sapere se il piccolo è arrivato New York, certo che siamo delle belle famiglie, genitori in Groenlandia e figli chi in Brasile, chi in Usa e chi in Grecia, meno male che c’è il povero Tommaso a marcare il territorio. Dal mondo civile, oltre la buona notizia che Pigi è arrivato, ma per ora solo a Newark nel New Jersey, che Simone pure è arrivato a Recife, le news sono raccapriccianti, c’è stato un altro attacco kamikaze a Sharm con almeno una settantina di morti, tra cui anche italiani, che dire se non ancora una volta grazie alle tre B? Bah! Forse è meglio tornare al nostro mondo inuit, sarà anche primordiale, ma certamente più pulito, nonostante quel sistema di raccolta di acque nere, che d’altronde era in uso anche nei nostri paesi 50 anni fa. Sulla strada del ritorno, invece di scendere verso la guesthouse, saliamo lungo un sentiero dissestato per scoprire che porta ad un piccolo cimitero, croci bianche e sassi, alcuni cacciatori riposano qui, nell’ultima dimora, con vista su uno scenario incantato, da lassù infatti si domina ancora di più la rappresentazione del Sermiliq, che sembra assumere i contorni quasi di un quadro psichedelico. Sono momenti di forte impatto emotivo, momenti che speriamo restino catturati al meglio in una delle tante foto scattate, ma già sappiamo che al massimo ci potranno dare l’emozione del ricordo. Da quassù, dominando con lo sguardo il villaggio, cogliamo altre chicche, come una cagna che sta allattando due cuccioli, quando ci vedono, tentano tutti e tre di raggiungerci, ma i piccoletti hanno zampe troppe piccole per arrampicarsi fin qui e rotolano giù, arriva solo la mamma, che si aggrega a noi, è affamata di coccole. Poi ancora un grosso esemplare maschio, di rara bellezza, con uno sguardo fiero e un pelo lunghissimo, ci guarda tra il curioso e l’infastidito, poi, annoiato, riprende il suo pisolare al caldo sole. Scendiamo giù e alla guesthouse, proprio sotto di noi, ci aspetta la doccia calda; che goduria senza limiti, anzi no, con limite, perché tutte le docce per non sprecare acqua hanno un temporizzatore che regola il flusso, ogni tot viene interrotto, salvo poi riprendere, ma solo pigiando un bottoncino rosso (bisogna saperlo però!). Mentre le donne si dedicano ad operazioni complesse, quali l’asciugatura dei capelli e relativa pettinatura, il resto del gruppo si dedica allo sciallo puro, chi legge, chi fuma, chi semplicemente si gode il sole, chi fa foto ad un gruppo di bambini che proprio davanti a noi si esibisce in una sfrenata partita di uno strano baseball alla maniera groenlandese. Poco più in là ci sono anche bimbi più grandicelli che un pò partecipano al gioco e un pò giocano a farsi le “zeze” e, non chiedetemi dettagli, ma vi assicuro che sono “zeze” molto particolari. Insomma un’atmosfera che non saprei definire in modo diversa da serena, finchè…… questa nostra serenità non viene stravolta da un’orda vichinga (?) che irrompe nella guesthouse con piglio da conquistatori. Regna la sorpresa, noi sorpresi da loro e loro sorpresi da noi, ci guardiamo, ma non ci rivolgiamo la parola (difficile la comprensione tra danesi e italiani), nei due schieramenti ci si interroga ad alta voce, noi occupiamo i locali regolarmente per autorizzazione del gestore, loro parlano di una prenotazione, per ora le ostilità sono rimandate, si prepara però la guerra del fiordo. Andrea per marcare vieppiù il territorio apre la cucina e comincia a preparare la cena, il gruppo italiano siede compatto intorno al tavolo a significare il possesso; arriva una specie di guida del gruppo danese che in inglese comincia un dialogo con Andrea, Caterina la bolla subito con un giusto appellativo, la chiappona, non cogliamo che qualche battuta, ma il tono di chiappona è veramente sgradevole, di un’arroganza forse degna del miglior sovrintendente rhodesiano rivolto al suo schiavo negro. Il match finisce in parità senza vincitori né vinti, Andrea, encomiabile per pazienza ed educazione, continua a spignattare, noi continuiamo a restare seduti intorno al tavolo, quando chiappona ritorna accompagnata da un inuit e ricomincia la battaglia dialettica,ma forse è più un monologo, a noi le stanze sono state date dal gestore, noi abbiamo prenotato, voi ve ne dovete andare, noi non ci pensiamo nemmeno, l’atmosfera si fa più calda, come l’acqua che comincia a bollire, è ora di buttare la pasta, chiappona finalmente se ne va. A tavola, la pappa si è cotta e torna ancora chiappona, stavolta accompagnata da altra gente, sembra quasi una delegazione, chiappona parla il groenlandese e con fare quasi dolce stavolta inizia a tradurre il discorso di un inuit smilzo, che sembra essere un pò il capo, scopriremo poi che è il sindaco del villaggio, tante belle parole, poi l’annuncio che esiste una prenotazione e che noi ce ne dobbiamo andare, e il tono di chiappona da dolce e neutro ritorna aggressivo e arrogante, noi… passiamo al secondo non senza aver prima apostrofato la chiappona con qualche altro appellativo poco elegante con riferimento soprattutto alla sua traduzione, cui non diamo nessun credito. Atmosfera sempre più calda con gli animi in ebollizione, il nostro tecnico “segretario” rifiuta di verbalizzare e invoca la legge… morale.

 

continua

 

 

 

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