Sulle tracce di Erik il Rosso - All'origine della vita

Testo e fotografie di Filippo Furia
Appunti di viaggio - sul pack - quinta puntata

Il mattino ci accoglie con il suo sorriso più bello, il sole già alto splende bello caldo, il fiordo davanti a noi sembra più pulito ed agibile, la marea durante la notte ha creato ampi corridoi, quasi a volerci rendere più agevole la traversata che ci aspetta. E’ molto presto, sono da poco passate le sei, quindi possiamo concederci ritmi molto blandi e pigri nel preparare la partenza. Intorno una gran macchia di colori, sono i nostri sacchi a pelo distesi aperti al sole, con le scarpe e le T-shirt, per asciugare l’umidità della notte. Anche Andrea si risveglia, o forse lo svegliamo noi con il nostro andirivieni, e dopo poco l’acqua già brontola calda sul fuoco, è il momento di Antonietta ‘a macchinetta pronta anche lei a filtrare l’elisir di lunga vita:‘a tazzulella ‘e café è pronta. Dopo la colazione i ritmi sono più accelerati, con tutto lo zucchero che è stato ingurgitato sotto forma di Nutella e marmellate, e di buona lena si comincia con lo smontare il campo, a richiudere i bagagli, e, chissà perché, si fa sempre una fatica boia a risistemare le cose come alla partenza, sono sempre le stesse cose, ma sembrano raddoppiate di volume….forse per il sudore. Ripiegati infine i materassini e ripiegata la tenda, là dove c’era il campo ora c’è una distesa di borse, borsine, borsoni e la mitica valigia grigio perla, più che un viaggio spedizione sembra un esodo da un paese assediato. Finalmente il tempo di fumare una sigaretta in santa pace, ancora con lo sguardo rivolto alle meraviglie del fiordo Johan Petersen, con il suo grande ghiacciaio senza nome, almeno per noi,, laggiù, con il suo fronte degradante in mare e lassù, a fondersi con la calotta polare. Andrea, senza romanticismi, ci richiama alla realtà dura, c’è da fare il primo step trasporto bagagli fino agli scogli, il più vicino possibile al previsto punto di imbarco, operazione faticosa per il terreno sconnesso, ma relativamente facile, può così cominciare l’attesa per l’arrivo delle barche. Andrea, lì sulla punta, sale su uno scoglio molto alto a far da vedetta sarda/sicula/lombarda, lasciando a noi la dura lotta contro gli agguerriti e incattiviti squadroni di zanzamosquistos, forse attirati dai nostri rifiuti (eppure ci sembra di aver lascito pulito al massimo raccogliendo anche le briciole, ma loro sembrano non saperlo, anzi pensano che sia giorno di festa grande), non resta che accendere qualche zampirone (leggi una gauloise):. Poi un rumore lontano rompe il silenzio, è quasi un ronzio, e se non è un motore di barca può essere solo una zanzara monstre. Andrea, che saltella sugli scogli, ritornando verso di noi ci fa capire che sono loro, sono le barche con cui risaliremo il fiordo di Sermiliq fino al villaggio di Tinitequillaq, detto anche semplicemente Tinit fra gli intimi. Formiamo la catena per le operazioni di carico passandoci i bagagli, ritti su quelle rocce malferme, tra cui scorrono le acque del ruscello che ci ha fatto da acquedotto nei nostri 2 giorni di campo. Meno male che c’è Tobias, il grande cacciatore fratello di Gundhi, che dà una grossa mano per le cose più pesanti, deve farlo con estremo piacere visto che spesso la mano che usa è quella “morta” e così si piglia ‘o passaggio a compensazione. Con il tutti a bordo si parte e subito sotto i nostri occhi è come se si alzasse il sipario per una rappresentazione in technicolor, una sequenza di un film, una spettacolare carrellata su uno dei più grandiosi spettacoli della natura: doppiato un piccolo promontorio entriamo nel mondo fantastico e fantasmagorico del Sermiliq, dove galleggiano interi pezzi di banchisa ed icebergs enormi, veri giganti, se pensiamo che nascondono in mare gran parte della loro massa. La navigazione deve procedere lenta, e meno male, perché così Tobias non può correre, certo non potrà dimostrarci di meritare il nomignolo di Schumacher dell’Ammassalik, ma almeno noi possiamo fare delle splendide foto. Mille forme e mille colori che il grande pittore miscela con maestria, e poi ancora tanti piccoli Swarovski, ialini fino alla trasparenza più accentuata (i frammenti più piccoli), che a centinaia galleggiano su questo “grande cielo rovesciato”, quasi stelle di un particolarissimo firmamento. Tobias ad un certo punto rallenta, si dirige verso un grosso pezzo di pack che dondola davanti a noi, ora pensate pure ciò che volete, ma io provo un’emozione quasi fanciullesca, stiamo salendo sul pack, su questo grosso lastrone vagante con lo spirito festoso di bimbi ad una loro prima esperienza, esagerato?, vi rispondo con Pulcinella add’ò stà sfizie nun ce stà perdenza. Foto e quattro passi sul pack, poi si ritorna a bordo non senza cogliere la solerzia di Tobias che si propone con il suo braccio forte alle signore per farle salire in barca e con la sua mano strusciante … a saldo. Più risaliamo, più il mondo di ghiaccio si infittisce, l’acqua del mare è cristallo verde chiaro che lascia trasparire i piedistalli dei grandi blocchi, mentre intorno le scaglie sembrano piccoli diamanti risplendenti, poi Tobias piega verso destra imboccando un piccolo canale, che è il braccio di collegamento con il fiordo di Ikasartivaq, qui Tobias si sfoga e dimostra le sue capacità di acquanauta, facendo girare a frullino il suo Yamaha da 115 cavalli. Ehi, ma guardate che traffico, c’è un’altra barca nel canale, con le nostre sono ben tre!, deve essere un evento eccezionale, i piloti parlottano un pò tra di loro nell’incomprensibile inuittese, poi si riparte con Tobias più prudente, vuoi vedere che era la polizia del fiordo? Una gran virata, che Tobias compie quasi fosse la parabolica di Indianapolis, e siamo dentro una cala molto bella, un’immagine da cartolina con sullo sfondo, là sulle rocce, le prime case rosse, blu, verdi e gialle… siamo arrivati a Tinitequillaq. Sulla punta del molo garrisce al vento una bandiera bianca e blu con al centro a campeggiare 2 orsi, il simbolo del villaggio?, la bandiera della regione?, neanche per sogno, è lo stemma del Pilersuisoq, la Esselunga groenlandese, che delusione!, anche in uno sperduto villaggio inuit al buco del c… del mondo è arrivata la civiltà dei consumi. Fortuna che sulla riva ampie rastrelliere con pezzi di foca già a filetti e alle finestre delle case pesci stesi al sole ad asciugare, quasi fosse il bucato di giornata, ci ridanno la dimensione giusta di questi luoghi; Andrea ci distoglie da questi pensieri con un quesito da risolvere prima di attraccare: ci dirigiamo a fare campo in un punto della cala oppure tentiamo di sistemarci presso la locale guesthouse, che però ha solo 4 posti letto, con la modica spesa supplementare di DKr 200 pax (circa 15 euro) e volendo anche possibilità di doccia calda con altro supplemento di DKr 10 (circa 1 euro)? Indovinate del dilemma cornuto quale corno è stato abbandonato?, più del fascino della avventura poté la prospettiva di una doccia calda!

continua

 

 

 

                     Segnala questa pagina ad un amico:


  


  

 

Ascolta in sottofondo Vikings music

© piazzascala.it - aprile 2024