Perché una biografia di Raffaele Mattioli? La mia documentata opinione è che valga la pena di porsi in dialogo con una personalità di gran rilievo, che ha saputo «arricchire la vita a sé stesso e agli altri» e ha lasciato impronte durature e una filosofia di vita che merita di essere conosciuta e compresa in profondità. A fronte della sua opera infaticabile per la crescita, economica e civile, dell’Italia e degli italiani - che stava realmente al centro delle sue occupazioni e preoccupazioni - non si era finora giunti a produrre una biografia di sintesi. Ho ritenuto perciò sicuramente utile ricostruire le sue azioni e le sue iniziative, ricollocandole nei loro contesti, superando gli steccati disciplinari tra «banca», «politica» e «cultura» che per decenni hanno reso difficile considerare la coerenza della sua persona.
In generale, negli studi finora apparsi è stato più facile occuparsi del versante della sua razionalità, della sua capaciticeli giudicare e di agire, anche anticipando i fatti, mentre è rimasto sullo sfondo il temperamento «caldo» e passionale che era alla base della sua forte empatia verso ogni tipo di interlocutore e della sua spiccata fedeltà alle amicizie. C’era sicuramente un flusso di reciprocità nei suoi entourages: mentre dava lavoro, o credito, o sostegno, Mattioli percepiva e assorbiva le migliori doti dei suoi collaboratori, clienti e amici. La sua memoria prensile non dimenticava pressoché nulla di questo «commercio» e scambio di idee e di informazioni.
Esiste un’ampia memorialistica che ha riportato alla luce particolari momenti e aspetti della sua esistenza. Innumerevoli, e imponenti nel loro insieme, sono le attestazioni di gratitudine post mortem-. sono circa duecento gli articoli apparsi all’indomani della sua scomparsa, avvenuta il 27 luglio del 1973. Nei decenni successivi sono usciti gli atti di alcuni incontri e convegni a lui dedicati, spesso di notevole importanza. Non mancano alcuni profili biografici, e incursioni nel filone delle biografie parallele di cui si dirà qui di seguito. Il lettore dispone infine di qualche buon saggio sull’attività di Mattioli come banchiere.
La sua indubbia «eccezionalità» ed eccentricità - nell’intelligenza e nella volontà, nell’apertura mentale e nella generosità, e anche nella fulminea ironia creativa - ha favorito sconfinamenti nell’aneddotica, ben coltivata nelle sue cerehie, e proseguita con ulteriori ampliamenti dopo la sua morte. Secondo Giovanni Ma- lagodi, Sandro Gerbi, Giovanni Busino e non pochi altri, Mattioli avrebbe meritato un suo Boswell - cronista giornaliero delle perle di saggezza del letterato Samuel Johnson - o un Eckermann - che ha tramandato i colloqui informali con Goethe, ormai anziano. Ciò avrebbe forse permesso di seguire più agevolmente il filo dei suoi interventi negli scenari più disparati. E se i suoi fidatissimi segretari e collaboratori di Milano (che impareremo a conoscere) non lasciavano invece trapelare all’esterno alcunché, alla funzione di memorialista quotidiano adempì forse involontariamente il marchese Massimiliano Majnoni d’Intignano, dall’osservatorio della Rappresentanza di Roma della Banca Commerciale Italiana, negli anni tra il 1935 e il 1947.
A livello di testimonianze, al centro della scena campeggia il Profilo di Raffaele Mattioli, pubblicato da Giovanni Malagodi nel 1984 al termine di ima raccolta di interviste ai più stretti collaboratori, soprattutto di banca. Malagodi aveva iniziato a raccontare l’operazione del salvataggio e risanamento della Banca Commerciale nel 1979, suscitando qualche critica di eccessivo protagonismo, e tornò in successivi interventi a chiarire la sua lettura degli avvenimenti. Oggi tutto quello che si ricava dai suoi scritti risulta verificato dall’evidenza dei documenti. Ho cercato inoltre di far tesoro delle interviste promosse dall’Archivio storico della Comit nei primi anni Novanta ad alcuni personaggi che furono particolarmente vicini a Mattioli, da Francesco Cingano ad Antonio Monti, a Felice Ippolito.
Quanto agli studi, le migliori ricostruzioni restano quelle focalizzate su un preciso ambito, iniziando dai rapporti con Benedetto Croce e l’Istituto Italiano per gli Studi Storici, indagati sotto i risvolti sia ideali che documentari. Di particolare spicco è poi la storia del lungo rapporto di collaborazione, amicizia e stima tra il banchiere e Antonello Gerbi, lo storico delle idee e delle dottrine politiche prescelto nel 1932 per guidare l’Ufficio Studi della Comit: il libro Raffaele Mattioli e il filosofo domato, di Sandro Gerbi, è un affresco a tutto tondo, cui hanno fatto seguito altre indagini e nuovi carotaggi. Da segnalare anche la rivisitazione, da parte di Marco Veglia, dei Quarantanni di confidenza tra Mattioli e lo scrittore bolognese Riccardo Bacchelli, un altro caro amico e testimone di grande attendibilità.
I ritratti più intensi sono quelli di Sergio Solmi, che tocca le corde meno appariscenti della sua sensibilità, come solo un poeta può fare. Concordo con lui sull’imbarazzo di «trascegliere» gli aspetti adatti a delineare un profilo di Mattioli, dato che sono davvero molti e vari gli episodi che possono servire allo scopo. Un ruolo «inapparente» ma insostituibile di testimonianza è poi quello di Gianni Antonini, che ha vissuto al fianco di Mattioli quotidianamente a partire dal 1951 per le eiigeniC di lavoro della casa editrice Ricciardi ed è riuscito non solo a salvarne e riordinarne gli archivi, ma anche a offrire generosamente molte precisazioni «al vivo». Siamo in molti a nutrire per lui grande affetto e riconoscenza. Non è mancato naturalriiente l'apporto e il sostegno alle mie ricerche da parte del figlio, Maurizio Mattioli, che si è assunto la responsabilità di far proseguire le iniziative paterne e ha salvaguardato i documenti e libri rimasti in famiglia; in anni recenti, ho potuto fruire di piacevolissimi colloqui con sua moglie, Barbara von Bonstetten, che mi ha offerto alcuni preziosi orientamenti sulla personalità del banchiere.
Se dunque anche per me è stato necessario «trascegliere» alcuni avvenimenti e fonti, non potendo parlare di tutto, ho cercato di essere il più possibile esaustiva nella citazione della bibliografia specifica finora apparsa, non sottraendomi dall’affrontare alcuni punti controversi: restituire un fondo di verità storica ad aneddoti altrimenti improbabili, chiarire i suoi veri sentimenti nei riguardi di Giuseppe Toeplitz che, secondo una semplicistica vulgata, egli avrebbe scavalcato al vertice della Comit senza molti scrupoli nel 1933, e cercare di rispondere all’interrogativo di come sia riuscito a rimanere saldo nella sua carica attraverso i radicali mutamenti nella vita politica ed economica del paese. Oppure, affrontare la vexata quaestio del suo appoggio costante al Partito comunista, molto contestato sulla stampa moderata fino alla sua tarda età.
Il materiale documentale per una circostanziata biografia è straordinariamente abbondante: l’archivio, nei suoi due rami di banca e di editoria, restituisce i rapporti con migliaia di corrispondenti, lungo mezzo secolo, e conserva gli scritti in gran parte ancora inediti. Centinaia di promemoria e dati di contabilità direzionale, gli interventi conviviali e gli epicedi per commemorare amici scomparsi, i progetti editoriali: tutto è ormai a disposizione del pubblico, e trova riscontro e potenziamento negli archivi- interfaccia di autorità monetarie e finanziarie, istituti bancari, imprese, come pure negli archivi personali di studiosi, letterati e giornalisti. La disponibilità in tempi relativamente recenti di queste ultime fonti pone nuove sfide e accresce il carattere pulviscolare della ricerca. Siamo nel cuore della storia economica e civile del Novecento, e in ima fase incrementale degli studi, dalla quale emergeranno sicuramente ulteriori scoperte. A seguito della donazione della Biblioteca di economia politica raccolta da Mattioli all’Università Statale di Milano, stanno riprendendo vigore studi e racconti sul suo straordinario amore per i libri.
Questo volume mira - per completare quanto già è disponibile - all’approfondimento delle qualità personali e intellettuali più riposte, e delle azioni meno appariscenti, che sono rimaste sconosciute per tutto il corso dell’esistenza di Mattioli. Una traccia che ha guidato non poco la mia ricostruzione è costituita dagli «squarci di autobiografia», che prorompono inaspettatamente da alcune lettere di varia natura e aiutano a rimediare all’assenza di diari e memorie, e all’intermittenza dei suoi carteggi. Alcune lettere di chiarimento, spesso vergate a mano, concepite per contestare e rettificare punti di vista errati o controversi, svelano l’articolazione filosofica - spontanea e agile - dei suoi ragionamenti, sempre accompagnata da espressioni di affetto e bonarietà con cui si preoccupava di esporre puntualizzazioni talvolta molto scomode. Un’analoga amabilità accompagnava i rimbrotti ai col- laboratori e le osservazioni critiche rivolte a diversi interlocutori, per smussare i lati più impulsivi del proprio carattere.
Molte delle sue iniziative e dei suoi interventi in aiuto a perseguitati e amici sono riemersi in tempi recenti, come un fenomeno carsico. Il banchiere di successo, molto attento a non suscitare l’invidia dei contemporanei, aveva scelto un habitus di estrema riservatezza e solo raramente acconsentiva alle frequenti richieste di interviste. In questo la distanza con i tempi odierni è veramente abissale.
Negli anni della maturità aveva iniziato ad aprirsi, conversando con pochi giornalisti e studiosi da lui prescelti, verso i quali nutriva un affetto quasi paterno, come si vedrà nel capitolo dedicato ai suoi ultimi progetti. Con loro sottolineava la «solitudine tremenda» in cui si era trovato immerso da giovane, ai tempi della Marcia su Roma - e che, a ben guardare, lo accompagnò per tutta la vita: Aliis laetus, sibi sapiens recita il motto dell’ex-libris scelto per la sua biblioteca. Questo aspetto meditativo più riposto va tenuto presente anche quando si dedicava alle argute conversazioni, ravvivate da espressioni colorite e non convenzionali, con gli amici che volentieri raccoglieva attorno a sé alla sera, ottime occasioni per ridimensionare le asperità della professione e dell’esistenza. Era uomo consapevole delle fragilità che lo circondavano, ma non si arrendeva alla rassegnazione.
Mattioli coltivò fino all’ultimo, con incrollabile coerenza, la persuasione della necessità di educare la classe dirigente (in ogni campo di attività), sia con l’esempio personale sia con la diffusione della «cultura» come esercizio e sforzo collettivo, così come avveniva nella redazione delle riviste militanti. Scavalcando gli steccati tra le professioni, lo scopo era quello di favorire «quel contatto umano che dà alla cultura il suo significato migliore di comunità dei rapporti intellettuali e sociali».
C’è un filo rosso che collega lo studente Raffaele Mattioli, attento a far propri gli insegnamenti di maestri come Attilio Cablati, Luigi Einaudi e Benedetto Croce, al promotore della vita intellettuale italiana attraverso riviste ed editoria in un lavoro collettivo di maturazione e circolazione delle idee, per giungere fino all’anziano banchiere sul viale del tramonto che stimola un gruppo di storici e di intellettuali a ripensare - sulle orme di Gobetti e di Gramsci - allo svolgimento della storia unitaria del paese nella prospettiva della responsabilità degli intellettuali e della «classe dirigente», e che riflette sulla storica difficoltà dei rapporti della società civile con lo Stato e su come contribuire a ridurre la diffidenza e la distanza del cittadino dalle istituzioni.
Mi trovo d’accordo con Cesare Garboli: «la vita è una cosa [...] e una biografia un’altra; la vita di una persona non sta mai nei fatti (nel che cosa) ma nelle modalità (nel come) quei fatti furono vissuti». Anche se denso di fatti e avvenimenti, questo mio lavoro non risponde ai canoni della storia d’impresa e della banca, pur indicando alcuni tratti dell’imprenditorialità che sono ben riconoscibili in Mattioli. Ho limitato l’uso di modelli, schemi e comparazioni, e l’attualizzazione con rimandi a problematiche dei nostri giorni, cercando piuttosto di illuminare gli aspetti che permettono di collocare Raffaele Mattioli tra i «classici» cui si è tanto dedicato, e di dare alle nuove generazioni la possibilità di scoprirne il pensiero e il temperamento.
In trent’anni di lavoro ho accumulato molti debiti di gratitudine, anzitutto verso collaboratori e testimoni del mondo di Mattioli, come Leo Valiani, Francesco Cingano, Sergio Siglienti, Sergio Steve, Ermete Alvisi, Giovanni Busino, Stefano Majnoni, che hanno fortemente desiderato che mi applicassi nel riportare alla luce gli snodi della vita intellettuale e della personalità di Raffaele Mattioli. Sandro Gerbi e Gianni Antonini mi sono stati compagni di ricerca quotidiani.
La mia curiosità mi ha portato a scrivere numerosi brevi saggi e a partecipare allo svolgimento di molte delle ricerche segnalate in questo libro: posso solo esprimere un ringraziamento collettivo ai diversi autori, neH’impossibilità di citarli individualmente. Tra i collaboratori più vicini, particolare gratitudine e simpatia va ai miei colleghi dell’Archivio storico della Banca Commerciale Italiana e poi di Intesa Sanpaolo, e a validissime giovani studiose come Francesca Gaido, Valeria Ronchini, Valeria Riboli, Marcella Forni, Ilaria Pasotti.
Nella realizzazione di questo libro, mi è stato di impareggiabile stimolo fin dal principio Francesco Cesarmi, generoso mentore e amico. Guido Montanari e Lucia Mattioli mi hanno affiancato nella rilettura dell’intero testo, fornendomi un notevole aiuto. Ringrazio infine Barbara Costa e Raffaella Gobbo, e con loro gli staff delle sale di studio di Intesa Sanpaolo e del Centro Apice che hanno accolto con pazienza le mie numerose domande. |
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